Il professor Ignazio Floris, docente di varie discipline di Entomologia agraria e di Apicoltura nei corsi di laurea della Facoltà di Agraria nelle sedi di Sassari, di Nuoro e di Oristano, ci aiuta a fare chiarezza su un argomento molto discusso e controverso: la diminuzione della popolazione delle api e le sue conseguenze. La redazione di Scientificast è da tempo molto interessata a questo problema e ha ricevuto anche domande a riguardo da parte dei suoi attenti lettori. Ringraziamo sentitamente il professor Floris per la sua preziosa disponibilità e collaborazione.Bees_Collecting_Pollen_2004-08-14

 

 
 
Si parla molto di “moria di api”, ma qual è la reale portata del fenomeno? Si può stimare di quanto è diminuita, nel mondo, la popolazione di api, ad esempio, negli ultimi 5 anni?

In totale nell’Unione Europea c’è stata una diminuzione di alveari negli anni scorsi che ha superato il 50 per cento. In Italia questa cifra si attesta sul 20/30 per cento. Anche negli Stati Uniti si aggira intorno al 30 per cento, in Giappone al 25 per cento.

Considerando che le api sono un vero e proprio mezzo produttivo per l’agricoltura, necessario all’impollinazione di molte colture orto-frutticole e sementiere (39 specie vegetali su 57, nell’ambito delle più importanti monocolture, beneficiano di questo servizio), senza trascurare l’importanza fondamentale nella riproduzione di gran parte delle specie vegetali spontanee più evolute, si può intuire la rilevanza economica di questo fenomeno a livello mondiale.

Basti pensare che l’80 per cento dell’impollinazione dipende dalle api, per un’incidenza economica che negli USA è stimata pari a 15 miliardi di dollari l’anno. Per questo motivo, proprio negli Usa, si portano avanti studi e investimenti per salvare le api dal grave fenomeno del declino che loro chiamano “colony collapse disorder”.

Questa moria di api è distribuita in tutto il mondo o ci sono zone più colpite e altre meno? Nel secondo caso, quali?

In Sudamerica e in Africa l’incidenza negativa di questo problema è decisamente ridotta o nulla perché in quei territori è minore l’impatto delle cause di inquinamento  ambientale e anche le razze di api sono più resistenti al loro principale parassita chiamato Varroa.

Si leggono ipotesi su parassiti, inquinamento, sostanze chimiche in agricoltura, esistono studi seri e scientificamente fondati al riguardo? Se sì, sono concordi nell’indicare una causa primaria, o ciascuno punta il dito contro qualcosa di diverso? 

Le cause del declino delle api sono molteplici e cambiano nelle varie aree del mondo.

Gli studi volti a definire il problema, sia negli USA che in Europa, hanno preso in considerazione, singolarmente o in combinazione, vari fattori: dalle parassitosi agli effetti letali e sub-letali dei pesticidi utilizzati in agricoltura e per il controllo di parassiti e patogeni dell’alveare, dalla malnutrizione ai fattori climatici e allo stress da nomadismo che produrrebbero un effetto immuno-soppressivo, rendendo le api più vulnerabili. Alcuni di questi fattori, quantificati e confrontati, hanno dimostrato di avere un forte impatto sulla salute delle api e di essere talvolta implicati in drastiche perdite, ma nessun singolo fattore è stato provato costantemente o sufficientemente abbondante da suggerire un unico agente causale.

In Italia, gli sforzi maggiori volti a chiarire le cause delle perdite di colonie, sono stati ampiamente profusi nell’ambito del programma APENET
(ora BEENET). I risultati scientifici più significativi riguardano le interazioni tra il parassitismo di Varroa e i virus nonché sull’impatto di nuovi insetticidi come i Neonicotinoidi.

L’acaro Varroa, in particolare, che si nutre succhiando l’emolinfa (il sangue) dell’ape e si riproduce sulla covata all’interno delle cellette dei favi, intacca fortemente le difese immunitarie dell’ape, esponendola ad altri agenti patogeni.

Pur essendo disponibili diversi acaricidi in commercio, non è stato ancora trovato un sistema adeguato di controllo di questo parassita. Inoltre, alcuni degli stessi acaricidi impiegati per la lotta sono a loro volta fonte di problemi per le stesse api e per i prodotti dell’alveare.

Circola online da tempo una frase falsamente attribuita ad Albert Einstein, secondo cui, in caso di estinzione delle api, l’umanità si estinguerebbe nel giro di pochi anni… 

“Se le api scomparissero dalla terra, all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”: questa frase famosissima, non è mai stata supportata da alcun riscontro, ma viene citata spesso dai media per segnalare con enfasi il problema del declino delle api nel mondo. A questa catastrofica previsione si associano spesso le immagini di come sarebbero i supermercati se non ci fossero le api: scaffali vuoti che fanno presagire l’Apocalisse.

Nonostante non sia stata pronunciata dal grande fisico (che, peraltro, in quanto fisico non sarebbe stato necessariamente esperto di impollinazione ed ecosistemi), questa frase ha una notevole forza evocativa: è plausibile ipotizzare una estinzione di massa delle api? Se sì  quali sarebbero le conseguenze?  

RoboBeesAl di là del fatto che probabilmente l’illustre scienziato non l’abbia mai pronunciata, resta il fondamento scientifico. Molte delle piante che coltiviamo, in un modo o nell’altro, sopravviverebbero anche senza api, ma in diversi casi avrebbero difficoltà a fornirci produzioni adeguate ed economicamente convenienti. Ci dobbiamo sicuramente preoccupare del contributo delle api alle coltivazioni, da cui traiamo alimenti e guadagni, ma sono tante altre, e molte di più, le piante che rischierebbero l’estinzione.

Scienziati americani e inglesi stanno già pensando ad un rimedio estremo: The Robobee (l’ape robot). Di recente, ’Harvard School of Engineering and Applied Sciences ha ricevuto un contributo di 10 milioni di dollari per progettare e costruire l’ape artificiale e poter sopperire così, in prospettiva, al problema dell’impollinazione. Paradossalmente, in qualche altra parte del mondo (Cina) stanno già sostituendo le api con l’impollinazione manuale dei fiori.

Si parla di api in senso generale, ma a seconda dell’habitat e della specie le minacce e le problematiche potrebbero essere completamente diverse quindi: come fanno tutte le specie di api in tutti gli habitat in ogni parte del mondo ad essere a rischio?

Teniamo presente che il termine “api”, nell’accezione sistematica degli Apoidei, include un numero conosciuto pari a circa 20.000 specie, la stragrande maggioranza delle quali solitarie, alcune decine sociali, non solo del genere Apis, ma anche Bombus, Melipona ecc. In realtà la minaccia più grave, di cui si parla diffusamente, riguarda principalmente la specie più importante e diffusa al mondo, l’Apis mellifera, la cui diffusione naturale comprende l’Africa e l’Eurasia. Ma è stata introdotta da tempo dall’uomo in tutti gli altri continenti tranne l’Antartide e viene utilizzata intensivamente nell’impollinazione delle colture e nella produzione di miele in tutto il mondo.

PER APPROFONDIRE:
Api, fotografate da Luca Di Fino in vacanza. Beato lui… 🙂
Apis mellifera (wikipedia)

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