I movimenti che compiamo tutti i giorni sono talmente automatizzati da sembrarci semplici e scontati, ma lo sono davvero? Quanto è sofisticato il controllo del movimento?

La maggior parte dei movimenti che compiamo durante una giornata, come camminare o allungare un braccio per prendere una tazza, sono completamente automatizzate. Anche pensandoci intensamente non saremmo in grado di descrivere consciamente i movimenti dei muscoli e delle articolazioni nel dettaglio. In realtà, il nostro cervello sa benissimo cosa sta facendo. Lo sa così bene che in alcune situazioni prevede letteralmente il futuro con qualche millisecondo di anticipo. Vi propongo un facile esperimento per testare questa affermazione. Vi serviranno un piatto, un peso (per esempio una bottiglia d’acqua), e, in un secondo momento, un aiutante. Nella prima parte dell’esperimento, tenendo il piatto con una mano, appoggiate il peso sul piatto. Aspettate quindi qualche secondo e togliete il peso dal piatto da soli, usando la mano libera. Il braccio con il piatto fluttuerà leggermente verso l’alto ma senza grandi cambiamenti. Nella seconda fase riprovate, ma invece di essere voi a togliere il peso, fatelo fare all’aiutante. Stavolta il vostro bracco si alzerà in modo deciso spostando il piatto verso l’alto prima che voi possiate fermarlo. Questo succede perché quando è il vostro corpo  a muoversi per rimuovere il peso, il cervello prevede in anticipo quali muscoli contrarre per compensare la riduzione di peso sul braccio. Quando, invece, non sono i vostri muscoli a muoversi, il cervello reagisce alla riduzione del peso solo quando questa è già avvenuta o cominciata e quindi, dato che il segnale dal cervello ai muscoli richiede dai 5 ai 100 millisecondi, la compensazione comincia in ritardo.

Il sistema di controllo del movimento è coinvolto in qualsiasi aspetto della nostra vita ma, essendo per la maggior parte automatico, non ci rendiamo conto della sua pervasività fino a quando una sua parte smette di funzionare, come succede nel caso di alcune patologie neurodegenerative.

Cosa sappiamo del controllo motorio?

Il cervelletto, situato sul retro del cranio, è una struttura che per molto tempo è stata considerata essenziale nell’apprendimento compiti motori automatici e nel successivo controllo del movimento eseguito. Risultati recenti suggeriscono però che il suo ruolo nei compiti motori sia meno specifico. Data la sua struttura, piccolo ma con un’alta densità di neuroni, un’ipotesi su cui i ricercatori stanno lavorando è che il cervelletto sia una sorta di centro computazionale. Secondo questa idea, al suo interno verrebbero svolte operazioni che richiedono molto potere di calcolo, inclusa la coordinazione motoria, riducendo il carico di lavoro dal resto del cervello e supportando quindi funzioni più complesse come il linguaggio o la pianificazione.

Un altro gruppo di strutture che gioca un ruolo chiave nel controllo del movimento è chiamato gangli della base ed è situato in profondità sotto la corteccia cerebrale. Queste strutture, grazie a un complesso gioco di inibizioni ed eccitazioni, determinano quali programmi motori vengono portati a termine dalla corteccia motoria. Il loro funzionamento, però, è leggermente controintuitivo. La struttura direttamente collegata alla corteccia motoria, chiamata talamo, ha un ruolo eccitatorio e questo vuol dire che, se fosse per il talamo, la corteccia motoria sarebbe sempre attiva. L’attività dei gangli della base controbilancia questa situazione inibendo il talamo in modo costante. Solo quando dal lobo frontale, deputato al ragionamento e alla pianificazione, arriva la giusta attivazione, il programma motorio adeguato viene disinibito e portato a termine.

Raffigurazione 3D dei gangli della base

Sintomi di malattie neurodegenerative come il Parkinson e la còrea di Huntington sono la conseguenza del malfunzionamento dei gangli della base. Nel caso del Parkinson, il meccanismo di disinibizione dei programmi motori si deteriora e diventa progressivamente sempre più difficile cominciare un movimento volontario. Al contrario, nel caso della corea di Huntington, l’inibizione costante del talamo viene progressivamente a mancare e, di conseguenza, movimenti non adeguati vengono attivati in modo non strutturato senza possibilità di controllarli. Anche il segnale proveniente dai lobi frontali, che è l’ultima parte di questo circuito, può essere danneggiato, ad esempio nel caso di accidenti cerebrovascolari. Quando succede, i movimenti volontari vengono ben eseguiti, ma è la definizione stessa di movimento volontario a essere messa in discussione. Si può sviluppare infatti una sindrome, chiamata sindrome frontale, che conta tra i suoi sintomi il cosiddetto comportamento d’uso. Nel comportamento d’uso i pazienti usano gli oggetti che hanno davanti anche se non hanno uno scopo, perché non riescono a inibire il programma motorio. Un paziente, ad esempio, potrebbe cercare di indossare degli occhiali appoggiati di fronte a lui sul tavolo pur avendo già i suoi occhiali addosso. Nel caso del comportamento d’uso, i pazienti non sono consci della mancanza di controllo del movimento. Al contrario, in una sindrome simile che affligge solo un arto superiore, chiamata sindrome della mano aliena, il paziente si rende conto dei movimenti fuori controllo. In questa sindrome un braccio e una mano si muovono in modo strutturato, come se avessero uno scopo, ma automatico e al di fuori del controllo attivo del paziente. Una rappresentazione di questo problema si trova nel film Il Dottor Stranamore, del regista Stanley Kubrick, nel quale la mano del protagonista sembra quasi guidata da una volontà separata.  

Il controllo dei movimenti è quindi un processo che si svolge per la maggior parte al di fuori del controllo cosciente. Il fatto che la maggior parte sia automatico ci fa dare spesso per scontata questa impressionante capacità e non ci rendiamo conto di quanto il controllo dei nostri movimenti sia sofisticato, preciso e praticamente perfetto. Questa sofisticazione è necessaria perché i movimenti rappresentano una sorta di collo di bottiglia per il sistema nervoso. I processi cerebrali si possono portare avanti in parallelo ma possiamo mettere in atto solo un programma motorio alla volta, quindi è molto importante scegliere il movimento adatto e svolgerlo più precisamente possibile in modo che l’energia usata si dimostri efficace. I nostri movimenti sono un’opera d’arte anche nella vita di tutti i giorni, ma spesso ce ne accorgiamo solamente quanto le nostre possibilità sono portate all’estremo come, ad esempio, nelle discipline olimpiche o nella danza.  

 

Bibliografia

Biran, I., & Chatterjee, A. (2004). Alien hand syndrome. Archives of Neurology, 61(2), 292-294.

Ito, M. (2000). Mechanisms of motor learning in the cerebellum. Brain research, 886(1-2), 237-245.

Lhermitte, F. (1983). ‘Utilization behaviour’ and its relation to lesions of the frontal lobes. Brain, 106(2), 237-255.

Seidler, R. D., Purushotham, A., Kim, S. G., Uğurbil, K., Willingham, D., & Ashe, J. (2002). Cerebellum activation associated with performance change but not motor learning. Science, 296(5575), 2043-2046.

 

Per approfondire

Timmann, D., Dimitrova, A., Hein-Kropp, C., Wilhelm, H., & Dörfler, A. (2003). Cerebellar agenesis: clinical, neuropsychological and MR findings. Neurocase, 9(5), 402-413.

https://www.scientificast.it/la-malattia-huntington-dolorosa-odissea/ 

The power of music

 

 

Immagine di copertina: ballet stock photo from Nomad_Soul/Shutterstock

Immagine della rete neurale: basal ganglia stock photo from decade3d – anatomy online/Shutterstock