La naturale antiaderenza delle foglie di loto e di altre piante, permessa dalle nanostrutture superficiali, ispira la ricerca verso il design di materiali innovativi ed ecologici

Fin dal 1940, le nostre fidate padelle da cucina sono state rivestite da un polimero contenente fluoro, il politetrafluoroetilene noto come Teflon, che conferisce le note proprietà antiaderenti. Tuttavia oggi sappiamo che il Teflon e materiali simili vanno sostituiti per il loro impatto ambientale, l’accumulo nei sistemi biologici e il rilascio di sostanze tossiche tramite degradazione (ricordate: mai grattare una padella!).

L’ispirazione per la sostituzione di questi materiali viene dalla natura. Numerose piante e animali posseggono, infatti, superfici progettate per essere repellenti all’acqua o alle sostanze oleose. Ma la chimica di queste superfici non è il solo trucco che la natura possiede: un ruolo molto importante è dato dalle “nanostrutture”, ossia motivi ripetitivi come coni, aghi o combinazioni di essi che mostrano proprietà eccezionali. Due esempi molto comuni sono la foglia di loto e il petalo di rosa. Nel caso della foglia di loto, se lasciate cadere una goccia d’acqua sulla superficie della foglia o osservate la rugiada di buon mattino, noterete che le gocce sono perfettamente sferiche e non “bagnano” la foglia, bensì rotolano sulla superficie. 

Da cosa dipende questo fenomeno? Il fiore di loto e il petalo della rosa si comportano da superfici idrofobiche (dal greco hydrophóbos, “che ha paura dell’acqua”) grazie a una precisa nanostruttura caratterizzata da una serie di coni e aghi delle dimensioni tra il milionesimo e il miliardesimo di metro. 

Organizzazione strutturale della superficie in una foglia di loto. La Microstruttura primaria esagonale è costituita da microconi ricoperti a loro volta da una nanostruttura costituita da aghi

La nanostruttura permette la formazione di sacche d’aria tra i vari coni che riducono la superficie di contatto ed evitano che la goccia ne bagni la superficie. Le piante attuano questa strategia in modo da evitare l’assorbimento eccessivo di acqua tramite i pori sulla superficie di foglie o petali, che sbilancerebbe l’equilibrio osmotico delle cellule, ossia l’interscambio di acqua, fino a farle esplodere.

La combinazione di microconi e nanoaghi riduce di molto la superficie di contatto per la goccia d’acqua. Inoltre l’aria intrappolata tra i microconi agisce da cuscinetto, evitando ulteriormente il contatto diretto

Nanostrutture simili a quelle presenti sulla superficie delle foglia di loto sono diffuse su molte altre specie di piante e animali, offrendo anche protezione contro l’attacco di batteri. I primi resoconti riguardanti le proprietà antibatteriche sono stati ottenuti osservando il processo di decomposizione di alcuni insetti, in particolare cicale e libellule in quanto il corpo si disfaceva abbastanza velocemente mentre le ali restavano pressoché intatte. Attraverso immagini di microscopia elettronica si capì che la superficie delle ali era costituita da nanoconi e nanoaghi che riducevano la superficie di contatto dei batteri e in ultima istanza “foravano” la membrana batterica

Le nanostrutture sono usate anche da alcuni insetti, come le farfalle, per la  termoregolazione. Le scaglie che proteggono la superficie delle loro ali sono ricoperte da nanostrutture che favoriscono l’assorbimento di luce solare, trasformandola in calore. Queste strutture permettono alle farfalle di incamerare energia solare in un ampio intervallo di lunghezze d’onda, aiutando il mantenimento della temperatura corporea.

Attualmente, la ricerca è interessata a replicare queste superfici in laboratorio per riprodurne le proprietà. Un vantaggio è che essendo una modifica puramente fisica, non coinvolge l’impiego di sostanze chimiche nocive o solventi. Per esempio le superfici delle padelle con rivestimenti minerali o “di pietra” sono lavorate per ottenere proprietà superficiali che mimano l’effetto loto. Simili effetti possono essere ottenuti tramite trattamenti al plasma su polimeri biocompatibili impiegati comunemente in impianti protesici per evitare la contaminazione batterica. 

Oltre ai fondi antiaderenti e rivestimenti antibatterici per protesi, le superfici nanostrutturate trovano impiego anche nel design di celle solari. Nell’industria tessile sono studiate per la fabbricazione di fibre e tessuti tecnici per ridurre attrito e bagnabilità. Osservare la natura ci spiana la strada per espandere le nostre possibilità e la nostra tecnologia.

 

Immagine di copertina:Foglia di loto via  komkrit Preechachanwate/Shutterstock