Saper parlare è spesso ritenuta un’abilità unica dell’essere umano. È davvero così? Ricerche sui nostri antenati e su altri animali posso darci nuove informazioni
Come suonava la voce dei Neanderthal? Per rispondere a questa domanda la BBC ha rilasciato un documentario nel quale, tra le altre cose, un vocal coach e un attore collaborano per cercare di ricreare come la voce di un Neanderthal avrebbe potuto suonare, basandosi sulla loro struttura fisica e scheletrica. Il video, oltre a essere divertente, è il risultato di una serie di ricerche che suggeriscono che i Neanderthal erano capaci di articolare suoni complessi come facciamo noi Homo Sapiens Sapiens quando parliamo. Queste informazioni ancora non ci permettono di sapere se i Neanderthal usassero un linguaggio per comunicare tra loro, ma anche il solo sapere che ciò è possibile è entusiasmante. Ma perchè è importante scoprire se i Neanderthal sapevano parlare e usavano un linguaggio? Il linguaggio, nell’immaginario comune, è stato per lungo tempo legato al pensiero razionale e all’intelligenza al punto che persone sorde o mute venivano più facilmente ritenute meno intelligenti delle persone cieche. Saper parlare è quindi importante poichè è solitamente considerata una caratteristica fondamentale dell’essere umano, contraddistinta da alcune caratteristiche uniche non presenti nella comunicazione tra altri animali.
Il linguaggio umano è:
- Generativo e astratto. Possiamo continuamente esprimere nuovi concetti anche astratti e non legati a input sensoriali.
- Ricorsivo. La grammatica dei linguaggi umani si basa su alcune strutture semplici che possono essere combinate in modo ricorsivo, potenzialmente all’infinito. Questa caratteristica gioca un ruolo particolarmente importante nella percezione del legame tra linguaggio e pensiero razionale poiché è alla base di altre abilità considerate massime espressioni del pensiero umano come la matematica e la musica.
- Referenziale. Le parole diventano etichette, simboli, per dei concetti reali o astratti e quindi, per quanto all’inizio la scelta di una parola possa essere arbitraria, una volta che è entrata nel linguaggio non sarà intercambiabile con altre parole poiché farà parte della rappresentazione del concetto stesso.
- Appreso (almeno in parte). C’è dibattito riguardo a quante caratteristiche del linguaggio siano innate e quante apprese, ma di sicuro una parte si apprende dal contesto in cui viviamo. Abbiamo una predisposizione innata a percepire il linguaggio e imparare a parlare, ma il tipo di linguaggio che impariamo dipende dalla lingua parlata nel contesto in cui viviamo.
Nel tempo, però, una o più di queste caratteristiche, anche se non tutte insieme, sono state trovate anche nella struttura comunicativa di altri animali. Ad esempio si sono trovate prove di referenzialità nella comunicazione di primati non umani. Una specie di scimmie usa diversi richiami di allarme per indicare la direzione da cui arriva un predatore. In risposta al richiamo per il predatore che arriva da terra le scimmie si arrampicano sugli alberi, mentre in risposta al richiamo che indica un predatore dal cielo si acquattano e si nascondono nell’erba alta. Nel passato ricercatori sono anche stati in grado di insegnare a degli scimpanzé a usare parole nella lingua dei segni. Questi scimpanzé sono anche stati in grado di formare combinazioni di 2 o 3 parole per rappresentare concetti, ma anche dopo un lungo periodo di insegnamento sono riusciti a raggiungere la capacità di linguaggio solo di un bambino umano tra i due e i tre anni. Nei bambini umani a tre anni emerge l’uso delle strutture grammaticali ricorsive, quindi questo risultato ci dice che gli scimpanzé testati sono stati in grado di usare i segni in modo referenziale ma non di fare il salto all’uso di regole ricorsive. Alcune specie di uccelli, come diamanti mandarini, pappagalli e colibrì, mostrano apprendimento vocale, cioè i piccoli devono essere esposti al canto di uno o più adulti per impararlo a loro volta. Gli storni, invece, sono in grado di percepire e imparare pattern di suoni che mostrano caratteristiche di ricorsività che contraddistinguono la grammatica del linguaggio umano. Inoltre, recenti risultati mostrano che nel cervello di umani e uccelli vengono reclutate aree omologhe per la produzione, rispettivamente, di linguaggio e canzoni e che un gene conosciuto per giocare un ruolo importante nella capacità di parlare, chiamato FOXP2, è anche coinvolto nell’apprendimento canoro degli uccelli.

Foto di un diamante mandarino (in inglese: Zebra Finch)
Avere un linguaggio così sviluppato permette all’uomo di esprimere in modo efficiente alcuni punti di forza della specie, come collaborare in grandi gruppi o pensare in modo astratto, ma cosa è venuto prima? Abbiamo sviluppato il linguaggio perché si è rivelato un ottimo strumento per facilitare dinamiche sociali cooperative già complesse e la comunicazioni di pensieri astratti, oppure al contrario abbiamo sviluppato un pensiero astratto e abilità sociali complesse perchè avevamo a disposizione l’abilità cognitiva del linguaggio?
Ricerche sui nostri antenati, come i Neanderthal, e su altre specie animali filogeneticamente più o meno vicine a noi ci possono aiutare a rispondere a queste domande consentendoci anche di capire se alcune caratteristiche sono davvero uniche del linguaggio umano o se, come in tante altre cose, siamo più simili ad altri animali di quel che per molto tempo abbiamo pensato. Risolvere i misteri del linguaggio ci permetterà di conoscere meglio noi stessi e il mondo in cui viviamo. L’importante è continuare a… parlarne!
Bibliografia
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Per approfondire
https://www.scientificast.it/parlare-con-gli-uccelli/
Immagine di copertina: letters stock photo from Amador Loureiro/Unsplash
Immagine del diamante mandarino: Zebra finch stock photo from jggrz/Pixabay