Il post sui risultati di BICEP2 ha tirato in ballo un certo numero di argomenti, alcuni dei quali meritano un approfondimento. Uno dei concetti chiave che sono stati chiamati in causa in quell’articolo è quello di inflazione. L’inflazione, in cosmologia, è qualcosa di estremamente diverso da quello di cui parlano gli economisti, anche se Alan Guth, quando usò per la prima volta questo termine, aveva esattamente in mente il vertiginoso aumento dei prezzi conseguente alla crisi petrolifera degli anni Settanta.
L’Universo, su larga scala, è incredibilmente omogeneo ed isotropo: in qualunque direzione si guardi, si vedono più o meno le stesse cose. Per convincersi di questo, si possono confrontare tre immagini famose del telescopio Hubble, ottenute facendo fotografie a regioni di cielo in cui, dalla Terra, non si vede nulla. Queste tre immagini si chiamano Deep Field, Ultra Deep Field e Extreme Deep Field: ciò che mostrano è sostanzialmente sempre la stessa cosa. Galassie distribuite in modo uniforme, a distanze enormi, anche oltre 13 miliardi di anni luce. Ricordiamo anche che, alla distanza nello spazio corrisponde anche una distanza nel tempo: quello che vediamo è l’aspetto di queste galassie come erano 13 miliardi di anni fa.
Questa incredibile uniformità dell’Universo su larga scala è difficilmente compatibile con i modelli di Big Bang che oggi accettiamo: essendo l’Universo in espansione, tornando indietro nel tempo dobbiamo immaginare che tutta la materia fosse condensata in un volume sempre più piccolo, fino ad essere concentrata in un blob caldissimo e densissimo, estremamente diverso da qualunque forma di materia possiamo vedere oggi. In qualche momento nei primissimi istanti di vita dell’Universo, per giustificare la distribuzione di materia che vediamo oggi, deve essere avvenuto un qualche fenomeno in grado di distribuire la materia primordiale in modo estremamente omogeneo: se non fosse successo niente di simile, le più piccole disuniformità sarebbero state sufficienti a produrre, in un tempo molto inferiore all’età dell’Universo attuale, una distribuzione molto meno omogenea di quella che osserviamo, caratterizzata da poche strutture molto grandi, contenenti tutta la materia esistente.
L’intuizione di alcuni cosmologi, negli anni Settanta del secolo scorso, è tanto esotica quanto efficace. Se, in un tempo estremamente remoto, intorno ad un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, ci fosse stata un’espansione dell’Universo estremamente veloce, “inflazionaria”, la materia si sarebbe trovata distribuita su distanze superiori a quelle che la luce (o la gravità) poteva percorrere dall’inizio del tempo. Questo avrebbe creato regioni di Universo indipendenti, dal punto di vista gravitazionale, tra loro. Il collasso gravitazionale dei super buchi neri che inghiottono tutto sarebbe stato così impossibile, la materia si sarebbe trovata distribuita in modo estremamente omogeneo e l’Universo avrebbe potuto evolvere verso lo stato in cui lo vediamo oggi.
A dirlo può sembrare semplice, ma costruire un modello che consenta un fenomeno del genere lo è molto meno. Intanto bisogna chiarire in che ambito ci stiamo muovendo. L’Universo, prima del Big Bang, era in uno stato del tutto sconosciuto (o meglio, impossibile da conoscere) rispetto alle leggi della fisica che conosciamo. Dal Big Bang in poi, le dimensioni dell’Universo hanno continuato a crescere fino ai giorni nostri: un punto che occorre sottolineare è che non si tratta di materia che si distribuisce nello spazio circostante, come le schegge di una bomba che esplode sulla Terra, ma proprio delle dimensioni dell’Universo che aumentano, in un “fuori” in cui non c’è nulla, e con nulla intendiamo proprio nulla, nemmeno lo spazio e il tempo. L’immagine più semplice che ci permette di visualizzare questa cosa è quella di un pallone che si gonfia. La sua superficie aumenta, ma non come l’onda di un sasso lanciato in acqua, dal centro verso la periferia, ma in tutte le direzioni, cambiando la sua geometria, invece che occupando lo spazio circostante. Per questo, anche se l’espansione, per un certo periodo di tempo, fosse stata “più veloce della luce”, questo non sarebbe in contrasto con le regole della relatività.
Capito questo, qualcuno ha dovuto immaginare un meccanismo che potesse spingere questa espansione inflazionaria. Per questo, dobbiamo investigare la natura della materia presente nell’Universo in questa fase primordiale. Quando parliamo di materia, noi siamo abituati a pensare a protoni, neutroni, elettroni: se facciamo un gas sufficientemente caldo, però, possiamo produrre particelle nuove negli urti, di massa tanto più grande quanto più grande è l’energia cinetica delle particelle coinvolte. È lo stesso fenomeno che oggi ricostruiamo in un acceleratore, che però avviene normalmente. Immediatamente dopo il Big Bang, l’energia era enormemente più grande di quella che possiamo raggiungere oggi nei nostri più potenti acceleratori, quindi si producevano spontaneamente particelle di ogni genere, ciascuna dotata di un’energia cinetica tanto grande da muoversi a velocità prossime a quella della luce. In quelle condizioni, tutta la materia si comporta in modo simile a come si comportano, nelle condizioni attuali, i fotoni. Sotto determinate condizioni, tra cui la presenza dominante di una particella con caratteristiche analoghe al Bosone di Higgs, densità di energia e pressione possono comportarsi in modo tale da produrre un effetto repulsivo, come se la pressione diventasse negativa.
Il meccanismo, nel dettaglio, è molto complesso: il risultato che ci si attende, tuttavia, è proprio quello desiderato. Dopo pochi miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di secondo, l’Universo si trova ad avere dimensioni superiori alle migliaia di chilometri, quando all’inizio dell’inflazione era grande qualche miliardesimo di miliardesimo di millimetro. In numeri, che danno una rappresentazione abbastanza impressionante di questo fenomeno, l’inflazione cosmica dovrebbe essere iniziata circa 0,000000000000000000000000000000000001 secondi dal Big Bang, quando l’Universo aveva un diametro di meno di 0,00000000000000000001 metri e finita dopo circa 0,000000000000000000000000000000001 secondo, lasciando un universo di almeno 1000000 di metri di diametro, ma forse anche molti ordini di grandezza in più.
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