reportergimmi, CC by-sa

Il 12 giugno 1922 nasceva a Firenze una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana: Margherita Hack.

Il suo ingresso nel mondo della fisica poteva non sembrare dei più promettenti: si laureò, infatti, nel 1945 con una votazione di 101/110, mentre nelle attività atletiche del salto in alto e salto in lungo era una campionessa.

Ma nel suo futuro c’erano le stelle. Dal 1964, infatti, ricoprì la cattedra di Astronomia all’Università degli studi di Trieste, ruolo che dovette lasciare nel 1992 per anzianità. Per 23 anni (dal ’64 all’87) direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Trieste, reso grazie alla sua guida uno dei più importanti a livello internazionale.
L’attività accademica a Trieste, condotta con passione per con attività didattica e di ricerca, favorì la creazione di un vero e proprio Istituto di Astronomia, che nel 1985 diventò Dipartimento, da lei diretto fino al 1990.

Impegnata da sempre nel campo della divulgazione scientifica, con il suo stile diretto, solare e genuino che ha fatto scuola e che tutti in Italia hanno imparato ad apprezzare, sono molti i riconoscimenti che le sono stati conferiti tra i quali il Premio Linceo dell’Accademia dei Lincei nel 1980, il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1987,  la Targa Giuseppe Piazzi per la ricerca scientifica nel 1994 e il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica nel 1995. Era inoltre membro dell’Accademia nazionale dei Lincei e faceva parte dei gruppi di lavoro dell’Ente spaziale europeo (Esa) e della NASA.

Il nome della Hack non è però legato solo al mondo della scienza. Per tutta la sua vita è stata molto attiva in campo sociale e politico.

Era fermamente atea, non credeva in nessuna religione. Riteneva che l’etica non derivasse dalla religione, ma da “principi di coscienza” che permettono a chiunque di avere una visione laica della vita, rispettosa del prossimo, della sua individualità e della sua libertà.

Le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l’etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell’aldilà. Senza leggi etiche ci sarebbe il branco e non la società. E andrebbero insegnati valori comuni a credenti e non, il perdono, non fare del male agli altri, la solidarietà. Ma, soprattutto, bisognerebbe imparare a dubitare, a diventare scettici.

Dal 2002 era presidente onorario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) e, quale ferma razionalista, ha giustamente combattuto ogni forma di superstizione e pseudoscienza, essendo dal 1989 garante scientifico del CICAP.

Era a favore della ricerca sul nucleare, ma contro la costruzione di centrali nucleari in Italia.
Rivendicava uguali diritti civili e giuridici per gli omosessuali e, come riconoscimento per la sua attività nel 2010 fu premiata “Personaggio gay dell’anno”.
Sosteneva il diritto all’aborto e all’eutanasia, la ricerca sulle staminali embrionali, appoggiando l’associazione Luca Coscioni, e il testamento biologico, che lei stessa aveva sottoscritto.

Una donna libera. Libera fino alla fine. Da tempo malata, avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento al cuore molto impegnativo. L’intervento poteva essere risolutivo, ma presentava anche dei rischi e l’avrebbe sicuramente costretta a un lungo periodo in ospedale. “Meglio un giorno da leoni“, aveva dichiarato ironicamente, per poi concludere: “La morte non mi fa paura, la perdita dell’autosufficienza sì”.

Con lei se ne va “una icona del pensiero libero e dell’anticonformismo“, come la definì Umberto Veronesi.