Penrose, Genzel e Ghez ricevono il Nobel 2020 per la fisica, per le scoperte teoriche e sperimentali che hanno cambiato il nostro modo di vedere l’Universo

Il premio Nobel 2020 per la fisica quest’anno viene assegnato per “lo studio di alcune delle cose più oscure dell’universo”. Come spesso accade, il premio è diviso in due parti, quest’anno per metà va a Roger Penrose e l’altra metà ad Andrea Ghez e Reinhard Genzel, per i loro studi sui buchi neri.

Roger Penrose è un fisico teorico inglese molto famoso, anche per aver collaborato/ combattuto per anni con Stephen Hawking sulla relatività generale, sulla cosmologia e sulla cosmogonia, oltre che sui buchi neri.  Questi oggetti celesti, oltre al nome estremamente evocativo, hanno un sacco di caratteristiche ancora da capire: da una parte la definizione è relativamente semplice, un buco nero è un oggetto abbastanza denso da avere una gravità superficiale così grande da impedire anche alla luce da sfuggirgli. Nello spazio-tempo questo “buco” corrisponde a una singolarità della metrica, ovvero un punto in cui la funzione che descrive le distanze non è definibile. Qualunque cosa cada in un buco nero viene inghiottita e non può più uscirne. Molte altre proprietà sono più “esotiche”, come la perdita di informazione sulla natura della materia che cade nel buco nero. Il “teorema dell’assenza di peli” mostra infatti che non cambia nulla se si parla di protoni o elettroni, per esempio, se questi sono caldi o freddi, e molto altro: questo crea un’enorme difficoltà di interpretazione dell’entropia, quando si parla di buchi neri. Praticamente il buco nero cancella la storia precedente di quello che gli cade dentro, forse in contrasto con il secondo principio della termodinamica… forse, per ora non è stato dimostrato né che succede, né che non succede.

Il contributo di Penrose è stato enorme, ma in particolare il comitato Nobel ha voluto ricordare gli studi sulla natura dello spazio-tempo nelle vicinanze della singolarità, negli anni Sessanta e Settanta. Questi studi hanno rappresentato i primi risultati davvero “nuovi” rispetto a ciò che già ai tempi della pubblicazione della relatività generale era stato postulato. Il risultato più grande è stato mostrare che il collasso gravitazionale, una volta superata una certa soglia, diventa inarrestabile, qualcosa che non era prevedibile senza l’introduzione di concetti del tutto nuovi da parte di Penrose.

Grazie agli studi di Penrose, inoltre, abbiamo potuto avere una descrizione matematica di ciò che accade intorno al buco nero, rendendo possibile l’identificazione di oggetti che, per definizione, dovrebbero essere invisibili.

Reinhard Genzel, tedesco, e Andrea Ghez, statunitense, hanno invece conseguito il premio per aver identificato al centro della nostra Galassia un buco nero supermassiccio. Il primo guidando un gruppo di lavoro del Max Planck Institut di Garching, attivo sui telescopi cileni dell’European Southern Observatory, la seconda un gruppo della University of California Los Angeles, attivo sui telescopi hawaiiani di Mauna Kea, alla fine degli anni Novanta hanno pubblicato risultati eccezionali sull’interpretazione della natura di Sagittarius A*.

Questa sorgente compatta di onde radio non è stata osservata facilmente nel visibile a causa della forte attenuazione della luce dovuta alle nuvole di polveri che circondano il centro della nostra Galassia. I gruppi di Genzel e Ghez hanno potuto misurare il moto proprio delle stelle nelle immediate vicinanze della sorgente, mostrando che le dimensioni dovevano essere molto compatte e la massa enorme: queste osservazioni hanno portato a concludere che Sagittarius A* deve essere un buco nero supermassiccio, ovvero di massa pari a milioni di masse solari, e che molto probabilmente la grande maggioranza delle galassie spirali contiene un oggetto di quel tipo al suo centro.

I buchi neri, intesi come oggetti la cui velocità di fuga fosse superiore alla velocità della luce, sono stati ipotizzati per la prima volta nel XVIII secolo, ma solo nel XX si è capito che questi potevano essere oggetti compatti, che sfidano la nostra comprensione della natura della materia. Penrose ha contribuito in modo determinante a definirne le proprietà matematiche, Genzel e Ghez ci hanno mostrato che ne abbiamo uno enorme “piuttosto vicino”: entrambi risultati sicuramente degni del premio Nobel!