Un nuovo studio di imaging neuronale nei pesci sposta indietro la data di nascita delle fasi del sonno. REM e non-REM sono vecchi almeno 450 milioni di anni.
Se vi capitasse di sottoporvi a un elettroencefalogramma (EEG) in un Centro di Medicina del Sonno, chiedete al medico di mostrarvi i tracciati del vostro cervello. A meno di alterazioni patologiche, vedreste che l’attività elettrica dei neuroni della corteccia, lo strato più superficiale del cervello, cambia la sua “firma” durante il passaggio dalla veglia al sonno in un modo interessantissimo.
Quando ancora siamo svegli, la somma di tutti i segnali elettrici (cioè le comunicazioni fra un neurone e l’altro, ascoltate tutte insieme in un cicaleccio in cui non possiamo cogliere le singole conversazioni) ha più o meno questo aspetto:
Quando finalmente ci rilassiamo e addormentiamo, e via via che il nostro sonno diventa più profondo, il chiacchiericcio neuronale si trasforma in un segnale sempre più ampio e sempre più lento. Un po’ come se tutti i neuroni, anziché portare avanti miliardi di discorsi diversi come prima, cominciassero all’unisono a ripetere la stessa parola. Non solo, le oscillazioni, cioè il numero di picchi che possiamo contare in un qualsiasi segmento del tracciato, diminuiscono di numero. In altre parole, la frequenza del segnale diminuisce. Attraverso fasi successive di sonno, prima leggero e poi profondo, vedreste succedere qualcosa di simile alle quattro tracce qui sotto:
Ma quello che vi stupirebbe di più è vedere ricomparire, dopo una o due ore da che vi siete addormentati, una traccia alquanto simile al segnale visto all’inizio, quando eravate svegli:
Eppure, non vi siete mai svegliati durante la registrazione e il medico lo conferma. E dunque? Nessun mistero: il tracciato ad alta frequenza che avete appena visto è tipico di quella fase del sonno in cui è più probabile che facciate sogni, il sonno REM o “Rapid Eye Movement”. Se durante questa fase il cervello è indaffarato e “rumoroso” proprio come quando siamo svegli (e per questo il sonno REM viene anche chiamato “paradossale”), i muscoli del nostro corpo, diversamente dalla veglia, sono inibiti, paralizzati, probabilmente allo scopo di evitare la messa in atto delle azioni che nel frattempo stiamo sognando. Come dice il nome stesso, gli occhi sono un’eccezione: si muovono velocemente sotto le palpebre chiuse, tutto il tempo, come a seguire lo svolgersi di una pellicola su uno schermo invisibile.
Ma gli esseri umani non sono certo gli unici a dormire. Almeno a livello comportamentale, il sonno è stato descritto in tutti gli animali vertebrati e invertebrati finora analizzati [1]. A questo proposito, sulla copertina di Nature dell’11 luglio 2019, un pesce palla maculato sonnecchia su un fondale marino. All’interno della rivista, viene pubblicata la sorprendente notizia che fasi del sonno comparabili a quelle umane sono state individuate per la prima volta… in un pesce. La scoperta porta la firma di un team di scienziati da Stati Uniti (Stanford), Giappone (Sokendai) e Francia (Ecole Normale Supérieure, Parigi) [2].
Il protagonista dell’avvincente storia è, a voler essere precisi, non un pesce palla ma un pesce zebra. Il pesce zebra, o Danio rerio, è un piccolo pesce d’acqua dolce salito alla ribalta per essere uno degli organismi più studiati negli ultimi decenni dai biologi di tutto il mondo. In particolare, per gli studi sul cervello, il Danio rerio è una miniera d’oro. Molti di questi studi sono infatti condotti inserendo geneticamente dei sensori fluorescenti dentro le cellule del cervello, cioè i neuroni. I sensori hanno la capacità di tradurre l’attività neuronale in segnali luminosi, e nel suo stadio larvale il pesce zebra é perfettamente trasparente. Se si mette uno di questi pesciolini geneticamente modificati sotto un microscopio, se ne possono in un certo senso vedere i “pensieri”, istante per istante. Più esattamente, si può seguire in modo dettagliato l’attività elettrica del suo cervello, comprese le differenti conversazioni tra i neuroni, cosa che non è possibile in un EEG. Il pesce zebra è uno dei modelli animali più vicini all’uomo in cui tutto questo è attualmente fattibile senza bisogno di interventi invasivi.
Anche nello studio di Nature gli scienziati hanno utilizzato dei sensori fluorescenti, introducendoli non soltanto nel cervello, ma anche nei muscoli scheletrici e nel cuore. In questo modo, hanno potuto analizzare l’attività elettrica in queste tre zone mentre l’animale si addormentava. Come si fa a convincere un piccolo e ipercinetico pesce zebra a rimanere fermo sotto il microscopio per il tempo dell’esperimento? Grazie a dei blocchetti di agar, una specie di gelatina che “intrappola” l’acqua, in cui il movimento dell’animale viene temporaneamente bloccato, senza che la sua vitalità ne risenta. In questo modo si riescono a ottenere delle immagini accurate, senza distorsioni causate dal movimento.
Negli esperimenti, è emerso che durante il sonno l’area del pallio dorsale del pesce zebra (omologo della nostra corteccia cerebrale) ha un’attività molto più ampia, lenta e coerente che non nella veglia: molti neuroni, infatti, iniziano a sincronizzarsi e a oscillare lentamente. Non solo, i muscoli si rilassano e i battiti del cuore rallentano. Ovviamente, i ricercatori hanno collegato questo stato di sonno al nostro sonno non-REM, anche se nel caso del pesce zebra le oscillazioni sembrano leggermente più lente di quelle umane.
Ogni tanto, questa modalità di sonno viene interrotta da vere e proprie ondate di attività, che si propagano dai muscoli posteriori del corpo del pesce fino ai neuroni del suo cervello, viaggiando in direzione postero-anteriore. Siccome l’esperimento ha trasformato l’attività elettrica di muscoli e neuroni in luce, si tratta di un vero e proprio flash luminoso, che attraversa il corpo trasparente del pesce dalla coda verso la testa. Dopo il passaggio dell’onda di attivazione, però, il tono muscolare si perde completamente e il cuore rallenta ancora, mantenendo comunque un ritmo più variabile rispetto alla fase di sonno vista prima. Nonostante la paralisi, l’attività dei neuroni è di nuovo asincrona, “rumorosa”, proprio come nella veglia. Anche se mancano i tipici movimenti degli occhi, si tratta di uno stato di sonno che indiscutibilmente ha molto a che fare con il sonno REM… Anche in altri animali, in effetti, la fase REM avviene senza i movimenti oculari che la contraddistinguono nell’uomo, per cui questo elemento non è affatto necessario per la sua definizione.
In conclusione, questi esperimenti mostrano che le fasi del sonno REM e non-REM sono presenti nel pesce zebra (e probabilmente in tutti gli altri pesci). Il risultato non è per nulla scontato, in quanto le uniche registrazioni di sonno REM e sonno non-REM disponibili finora erano state effettuate in animali terrestri e provvisti di cortecce cerebrali: mammiferi, uccelli e, recentemente, rettili. Per questo motivo, si pensava che il sonno REM e non-REM si fossero evoluti insieme alla corteccia cerebrale [3]. Questa nuova ricerca, in pratica, sposta la data di nascita del sonno come lo conosciamo noi a 450 milioni di anni fa, ovvero prima della separazione del ramo evolutivo degli amnioti – noi e gli altri vertebrati terrestri -, da quello degli anamnioti, anfibi e pesci. E chissà che le oscillazioni e le fasi del sonno non siano in realtà ancora più antiche.
Il sonno è ancora un mistero fittissimo per le neuroscienze e la neurobiologia. Conoscere quando, esattamente, si è evoluto, e in che forma, ci aiuterà a capire molto meglio a cosa serve e a “ripararlo” quando qualcuno dei suoi complicati meccanismi si inceppa, compromettendo il riposo. Inoltre, sono sempre più numerosi gli studi che mettono in collegamento l’incidenza di disturbi del sonno con certe malattie neurodegenerative, prima fra tutte l’Alzheimer [4]. A fronte di una popolazione occidentale che invecchia sempre di più, studiare i meccanismi e l’origine del sonno non è soltanto un affascinante passatempo, ma è anche uno degli elementi chiave per risolvere le emergenze sanitarie che ci aspettano. In questa chiave, il sonnellino del pesce zebra è rivoluzionario.
Per saperne di più:
[1] Siegel (2008) Do all animals sleep? Trends Neurosci
[2] Leung et al (2109) Neural signatures of sleep in zebrafish, Nature
[3] Miyazaki et al (2017) Sleep in vertebrate and invertebrate animals, and insights into the function and evolution of sleep. Neurosci Res
[4] Ju et al (2015) Sleep and Alzheimer disease pathology–a bidirectional relationship. Nat Rev Neurol
Altre letture:
https://www.scientificast.it/chi-non-dorme-non-piglia-pesci/
https://it.wikipedia.org/wiki/Sonno
Immagine di copertina: Zebrafish via Kazakov Maksim/Shutterstock
Immagine centrale: White spotted puffer resting via Tanatura/Shutterstock