L’evoluzione ha fornito il cervello della capacità di rappresentare relazioni spaziali e vari risultati mostrano che l’ippocampo gioca un ruolo fondamentale nel creare e successivamente ricordare queste relazioni.
La mattina, quando andiamo al lavoro usando strade che conosciamo, o quando torniamo a casa la sera, siamo capaci di ricordare tranquillamente il percorso senza perderci. Addirittura se il percorso è ormai una routine consolidata non abbiamo nemmeno bisogno di prestare attenzione a dove stiamo andando. Questa capacità non dipende dal tempo di percorrenza, perchè se incontrassimo un amico e ci fermassimo a fare due chiacchiere questo non ci impedirebbe di essere successivamente in grado di raggiungere l’ufficio senza perderci. Non dipende nemmeno dal numero di passi che facciamo quindi non si tratta di una memoria motoria.
Si tratta, invece, di memoria spaziale.
Abbiamo già parlato dell’ippocampo, una struttura che si trova al centro del cranio, e del ruolo che gioca nel codificare nuove memorie, a non avevamo approfondito una sua caratteristica: la sua capacità di codificare e memorizzare lo spazio attorno a noi.
Una delle evidenze più sorprendenti del ruolo giocato dall’ippocampo nel codificare ricordi spaziali è stata trovata in uno studio che ha coinvolto una popolazione particolare, i tassisti di Londra. Fare questo mestiere in una megalopoli allena in modo estensivo le capacità di orientamento e le conoscenze spaziali. Come risultato, è stato scoperto che i tassisti di Londra avevano un ippocampo significativamente più grande del resto della popolazione. L’aumento di volume dell’ippocampo. inoltre. è correlato con gli anni di esperienza, ma non è legato alla generale situazione di guida all’interno di Londra. Infatti, l’ippocampo dei tassisti aveva un volume maggiore anche rispetto a quello degli autisti di autobus londinesi con la stessa quantità di esperienza. Questi ultimi, infatti, seguendo sempre lo stesso percorso, non hanno la necessità di sviluppare rappresentazioni spaziali complesse come quelle di cui necessita un tassista.
Inoltre, esperimenti svolti sui topi hanno mostrato che all’interno dell’ippocampo ci sono neuroni specializzati nel codificare ricordi e relazioni spaziali.
Per ogni dato ambiente, infatti, alcuni neuroni, chiamati place cells (cellule di posizione), si attivano solo quando il topo si trova in una precisa posizione. In alcuni casi, inoltre, una place cells si può attivare solo se il topo si muove in una precisa posizione andando solo in una specifica direzione. In questo video potete vedere una rappresentazione di come le place cells rispondono mentre l’animale si sta muovendo.
Altre cellule, chiamate grid cells (cellule a griglia), invece, rispondono in modo periodico creando una specie di griglia di risposta che copre tutto l’ambiente disponibile. L’attività di queste cellule non dipende da segnali visivi poiché persiste inalterata se l’ambiente diventa buio, ma viene influenzata dagli indizi visivi. Se nell’ambiente sono presenti dei punti di riferimento ben visibili, infatti, e questi riferimenti vengono ad esempio fatti ruotare, la griglia di risposta delle grid cells ruota della stessa quantità. Le scoperte delle place cells e delle grid cells sono valse nel 2014 il premio Nobel per la medicina (ne avevamo parlato qui).
Pattern di attivazione di una grid cell
La ricerca sta piano piano scoprendo altri tipi di cellule con ancora differenti caratteristiche di risposta. Per esempio le border cells (cellule dei confini), che si attivano solo quando l’animale si trova vicino a un confine nell’ambiente, o le head direction cells (cellule per la direzione della testa), che si trovano in varie parti del cervello, non soltanto nell’ippocampo, e che si attivano solo quando la testa dell’animale è girata in una specifica direzione. E chissà quanti altri tipi di attività neurale restano da scoprire.
Tutto questo fa pensare a come sia in realtà molto complicato riuscire a integrare le informazioni sulla struttura dello spazio interno con la nostra posizione nello spazio stesso. L’evoluzione ha dotato il cervello di molti animali, tra cui il nostro, di strumenti per risolvere questo problema.
Risultati più recenti, ottenuti attraverso studi di neuroimaging con esseri umani stanno però cominciando a farci sospettare che le cellule dell’ippocampo giochino un ruolo cognitivo addirittura più complicato della rappresentazione spaziale. Sembra che l’ippocampo sia più in generale coinvolto nella rappresentazione di relazioni, spaziali e non. Questa struttura cerebrale è infatti coinvolta nel rappresentare distanze astratte tra concetti e nell’imparare associazioni spaziali e temporali tra eventi e oggetti. Ad esempio, quando un partecipante impara ad associare coppie di oggetti che normalmente non sarebbero categorizzati insieme, come un computer e un pianoforte, l’attivazione dell’ippocampo in risposta a questi due oggetti diventa più simile. La capacità di creare relazioni astratte non è unica della nostra specie ma potrebbe essere alla base di alcune capacità cognitive essenziali dell’essere umano, partendo dalla capacità di creare ricordi spaziali e arrivando allo sviluppo della matematica, della geometria e della letteratura.
Adesso sappiamo che se anche oggi siamo arrivati a lavoro senza perderci è grazie all’ippocampo, ma ci resta ancora molto da capire sulle sue funzioni e siamo sicuri che ci riserverà ancora molte sorprese.
Immagine di copertina: Map and compass stock photo by Aris-Tect Group/Shutterstock
Immagine delle grid cell: grid cell photo by Khardcastle/Wikipedia
Per approfondire
O’Keefe, J., & Burgess, N. (1996). Geometric determinants of the place fields of hippocampal neurons. Nature, 381(6581), 425-428.
Moser, E. I., Kropff, E., & Moser, M. B. (2008). Place cells, grid cells, and the brain’s spatial representation system. Annu. Rev. Neurosci., 31, 69-89.
Hafting, T., Fyhn, M., Molden, S., Moser, M. B., & Moser, E. I. (2005). Microstructure of a spatial map in the entorhinal cortex. Nature, 436(7052), 801-806.
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