Si avvicina la stagione invernale e spesso nella nostra dieta è consigliata l’assunzione di alimenti ad alto contenuto di vitamina C. Vi siete mai chiesti il perché? La risposta vi sorprenderà e scardinerà alcuni miti che probabilmente vi portate dietro dall’infanzia.
La vitamina C è chiamata anche “acido ascorbico” in virtù della sua natura chimica acida e solubile in acqua. La sua struttura molecolare è questa:
È un prodotto di biosintesi che ha come base il glucosio, sostanza che gli animali assumono con la dieta e le piante sintetizzano grazie alla fotosintesi. Mentre la maggior parte degli animali riesce a produrre la vitamina C nel fegato grazie ad enzimi specifici, l’uomo, i primati, i porcellini d’India e poche altre specie sono più sfortunati e hanno la necessità di assumere la vitamina C già pronta con la dieta. In questa stagione autunnale in particolare possiamo assumerla dagli agrumi, dai cachi e da alcune specie di cavolo, mentre nella stagione estiva ricche fonti di acido ascorbico sono i pomodori, i kiwi e i peperoni.
Sicuramente avrete sentito nominare la malattia dello scorbuto. In forma avanzata lo scorbuto provoca ritiro delle gengive e indebolimento dell’arco dentale, dolori muscolari, infragilimento dei vasi sanguigni e lesioni dell’epidermide; la malattia è nota dal 1500 a.C. e in passato colpiva in particolare esploratori e marinai, persone che per lavoro non potevano procurarsi frutta fresca e ortaggi anche per parecchi mesi oltre a qualche scorta iniziale. La ragione è semplice: la vitamina C è un cofattore fondamentale per la biosintesi del collagene, una proteina essenziale nella struttura di ossa, muscoli, pelle, legamenti. Senza questa proteina strutturale la decadenza dei tessuti è cosa certa e lo scorbuto rappresenta proprio questa carenza. La vitamina C, proprio grazie a questa funzione biologica è stata studiata in passato, ad alto dosaggio e sotto controllo medico, nel trattamento di pazienti che hanno subito operazioni chirurgiche o ustioni in quanto è un fattore cicatrizzante; uno studio del 2011 tuttavia pone l’attenzione sulla necessità di ulteriori test di validazione di questa proprietà della vitamina C.
E ora, tenetevi forte perché scardineremo un mito radicato da decenni nell’immaginario comune: non c’è alcun riscontro scientifico sul fatto che la vitamina C aiuti ad alleviare le più comuni malattie invernali come raffreddori e influenze, infatti non esiste alcun meccanismo antibatterico o antivirale correlato alla vitamina C. Forse tale credenza è dovuta alle proprietà anti-ossidanti della molecola, oppure è legata alle teorie di Linus Pauling.
Tra gli anni 70’ e 80’ del secolo scorso, il Professor Pauling (premio Nobel per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962) pensò di utilizzare forti dosaggi di vitamina C per la cura del raffreddore e nel trattamento di alcuni tipi di tumore, senza tuttavia avere effetti terapeutici riscontrabili. Tale approccio medico alternativo, definito “medicina ortomolecolare”, non ha trovato ad oggi alcun riscontro scientifico e anzi, determinò un colpo piuttosto duro al prestigio di Pauling.
Tuttavia recentemente l’intuizione di Pauling ha trovato riscontro nel lavoro di Jihye Yun, ricercatore della Johns Hopkins University, in merito a una particolare mutazione del tumore al colon. Questa mutazione stimola l’utilizzo di una proteina di membrana che pompa glucosio all’interno della cellula tumorale per nutrirla; tuttavia, la proteina di membrana non fa distinzione tra glucosio e una forma ossidata dell’acido ascorbico che, indirettamente, causa l’accumulo di radicali dannose per il tumore. Grandi concentrazioni di vitamina C, quindi, potrebbero in teoria aiutare a combattere con efficacia questa forma tumorale. Tuttavia gli esperimenti sono stati effettuati al momento solo in vitro e in parte sui topi, dove la dose di vitamina C efficace è equivalente a quella di 300 arance. Potete quindi immaginare che i trial clinici sull’uomo comporterebbero comunque la somministrazione di dosi molto maggiori (fino a 6 L al giorno con iniezioni intraperitoneali) e quindi l’esito positivo è tutt’altro che scontato. La somministrazione orale attualmente non funziona e il trattamento così com’è stato sperimentato sui topi non è applicabile ad una terapia umana. Il gruppo ha nelle sue volontà quello di modificare il trattamento orale così che raggiunga alte concentrazioni nel sangue senza che la vitamina C venga espulsa con le urine.
In conclusione, sembra che potrebbe esserci un certo effetto della vitamina C nel trattamento di questo particolare tumore, ma il meccanismo è assolutamente lontano dalle teorie e dai principi della medicina ortomolecolare, che si basa, invece, su concetti fumosi quale il “riequilibrio dell’assetto biochimico” e altre amenità.
Voi mangiate le vostre arance comunque, che male di sicuro non fanno.
Fonti:
– Glucose Deprivation Contributes to the Development of KRAS Pathway Mutations in Tumor Cells
http://www.sciencemag.org/content/325/5947/1555.abstract
– Vitamin C selectively kills KRAS and BRAF mutant colorectal cancer cells by targeting GAPDH
http://www.sciencemag.org/content/early/2015/11/04/science.aaa5004
– Medicinal Natural Produts – A Biosynthetic Approach – Paul M.Dewick (Wiley, 1997)
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