L’interesse per il mondo del vino e per l’enogastronomia in generale sono in continua crescita: da un lato, questo è molto positivo, perché spinge verso una qualità sempre maggiore e un consumo via via più consapevole, dall’altro ci porta ad accrescere le nostre aspettative ed esigenze, non solo su cosa consumiamo, ma anche su come lo consumiamo. Il vino non fa eccezione e sempre più spesso richiediamo che il bicchiere sia proprio quello giusto, per la bottiglia che stiamo aprendo.

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Bicchieri comunemente usati per il vino, da sinistra la flûte per gli spumanti secchi, un calice per vini bianchi, uno per vini rossi, uno per vini rossi di grande struttura e invecchiamento, una coppa da spumanti dolci e un piccolo calice per vini passiti o liquorosi. (immagini da http://willmurray.name/)

Ma questa attenzione ha solo una valenza estetica o c’è qualche motivo scientifico per preferire un bicchiere piuttosto che un altro? A questa domanda ha cercato di rispondere un gruppo di ricercatori giapponesi; il gruppo ha costruito uno strumento in grado di misurare come le molecole aromatiche salgano dal vino al naso dell’assaggiatore in funzione della forma del bicchiere. In realtà esistono già degli strumenti in grado di misurare un sacco di caratteristiche chimiche del vino ma in questo caso lo scopo degli scienziati è proprio fare una “mappa in tempo reale” del profumo che sale dal vino, essendo così sensibili al bicchiere, come già accennato ma anche, ad esempio, alla temperatura di servizio.

Questo parametro è molto variabile, a seconda del tipo di vino: si passa infatti dai circa 5ºC per i vini passiti e per gli spumanti dolci, ai 7ºC per gli spumanti secchi e i vini bianchi più delicati, ai 9ºC per i bianchi più strutturati, agli 11ºC per i rossi leggeri, ai 13ºC per i rossi di medio corpo ed invecchiamento, ai 15ºC ed oltre per i grandi vini rossi molto invecchiati: anche la natura del profumo è molto variabile, intensissima e caratterizzata da frutti maturi e sentori conciati per i passiti, delicata e tendente al floreale ed erbaceo per molti vini bianchi, di media forza con sentori speziati e legati ai frutti rossi freschi per la maggior parte dei vini rossi. Anche la concentrazione di alcol, più volatile dell’acqua, contribuisce a rendere più o meno intensi gli aromi, fino a che non si sente pizzicare il naso per l’alcolitità eccessiva, almeno.

Ma veniamo alle misure dei ricercatori giapponesi. Per valutare la velocità di evaporazione dell’etanolo dal vino e la sua distribuzione, e con essa la concentrazione di sostanze aromatiche che salgono al naso del degustatore, hanno costruito uno “schermo” da posizionare sopra il bicchiere, costituito da un telo di cotone impregnato di diverse sostanze chimiche: in particolare, l’enzima alcol-ossidasi che, con l’ossigeno, decompone l’alcol etilico in perossido di idrogeno e acetaldeide, e luminol, che, a contatto con il perossido di idrogeno, se illuminato con una lampada ultravioletta emette luce blu.

In questo modo, gli scienziati hanno potuto filmare i vapori aromatici che escono dal vino, in tempo diversi e per diverse temperature, oltre che per diversi bicchieri. I risultati sono finora piuttosto preliminari, ma la tecnica è estremamente promettente, non solo per i bicchieri di vino, ma per lo studio di molti fenomeni evaporativi. Per il vino, comunque, l’interesse non manca: confrontando l’evaporazione di uno stesso vino in sei bicchieri diversi, le differenze sono molto significative, sia sull’intensità del flusso di vapori di alcol, sia sulla loro distribuzione spaziale.

 Misure di flusso di vapori di alcol per uno stesso vino (Suntory Delica Maison, giapponese) in tre bicchieri diversi: da sinistra, un bicchiere da vini bianchi, uno da rossi leggeri e uno da rossi corposi. (immagine dall’articolo originale)

Misure di flusso di vapori di alcol per uno stesso vino (Suntory Delica Maison, giapponese) in tre bicchieri diversi: da sinistra, un bicchiere da vini bianchi, uno da rossi leggeri e uno da rossi corposi. (immagine dall’articolo originale)

Un bicchiere più “chiuso”, come quello usato per i vini bianchi, effettivamente concentra i profumi, compensando la temperatura di servizio che, di solito, è più bassa. Un vino rosso di grande struttura, servito a temperatura più alta e che trae giovamento da una buona ossigenazione (e quindi da un bicchiere più grande), non sarà penalizzato troppo da un bicchiere grande, anzi: a fronte di un’intensità percepita un po’ inferiore, ne apprezzeremo prima la migliore qualità.

In fondo, questo studio conferma molto bene quello che diciamo nei corsi di degustazione dei vini, ma lo fa usando uno strumento riproducibile e scientificamente accurato, non solo il naso di un esperto… Che spesso è sì accurato ed affidabile, ma presenta sempre degli errori sistematici ineliminabili. Ad esempio, a me il Pinot Noir piace molto e il Cabernet Sauvignon molto poco.