Quattro indagati, insufficienza di prove, oltre quaranta anni di indagini… sembrano esattamente gli ingredienti di un racconto giallo, ma in realtà è quello che è successo alla NASA prima di riuscire a identificare l’origine del materiale biologico trovato sui campioni di suolo lunare, riportati a Terra dalle missioni Apollo.

Le analisi delle rocce lunari avevano mostrato la presenza di un livello, seppur basso, di aminoacidi, i mattoni fondamentali di cui sono costituite le proteine. La Luna è però un ambiente inospitale per le forme di vita conosciute, motivo per cui gli scienziati erano certi che l’origine di questo materiale fosse extra-lunare. La causa poteva ricondursi a una contaminazione accidentale di materiale terrestre portato sulla Luna con le missioni stesse o durante il rientro sulla Terra. Oppure la responsabilità era da imputare al carburante bruciato rimasto nei moduli lunari, che conteneva molecole precursori degli aminoacidi, come l’acido cianidrico. La contaminazione con questo materiale avrebbe potuto causare la produzione di aminoacidi in un secondo momento,  quando i campioni erano stati poi analizzati in laboratorio. Un altro meccanismo chiamato in causa era l’azione del vento solare, un plasma di particelle cariche emesso dalla superficie della nostra stella e che contiene gli elementi base della chimica organica, ovvero carbonio, idrogeno e azoto. Questo materiale avrebbe potuto generare aminoacidi durante le analisi dei campioni, con un meccanismo analogo a quello ipotizzato per il combustibile dei razzi.  Infine, gli ultimi candidati erano gli asteroidi: la Luna come la Terra è continuamente bombardata da questi oggetti celesti, i cui frammenti possono portare aminoacidi “alieni”, come è stato misurato su campioni di meteoriti rinvenuti sulla superficie terrestre. Gli scienziati avevano individuato quindi ben quattro meccanismi plausibili per spiegare l’origine del materiale organico “lunare”, ma nonostante i ripetuti sforzi, il mistero è durato fino ai giorni nostri, a causa delle limitate capacità di analisi di cui disponeva la scienza all’epoca.

Astronaut Alan L. Bean, Lunar Module pilot for the Apollo 12 lunar landing mission, holds a Special Environmental Sample Container filled with lunar soil collected during the extravehicular activity (EVA) in which Astronauts Charles Conrad Jr., commander, and Bean participated. Connrad, who took this picture, is reflected in the helmet visor of the Lunar Module pilot.

L’astronauta Alan L. Bean, pilota del modulo lunare per la missione Apollo 12, raccoglie campioni di rocce lunari. Nella visiera del caso è riflessa l’immagine del comandante della missione, autore della foto. Credits: NASA

Uno studio recente ha rivelato che la maggior parte degli aminoacidi lunari sono risultato di una contaminazione accidentale da materiale terrestre, con forse un piccolo contributo da parte degli asteroidi.

Gli scienziati, analizzando sette campioni di rocce lunari presso il Goddard Astrobiology Analytical Laboratory,, hanno misurato in ciascuno di essi un quantitativo di aminoacidi molto basso, consistente con le misurazioni precedenti. Inoltre, con la strumentazione moderna a loro disposizione sono stati in grado anche di stabilire la composizione isotopica delle molecole, stabilendo così che la contaminazione da materiale terrestre era la principale responsabile della presenza di aminoacidi nei campioni. Ma cosa è questa composizione isotopica? In natura gli atomi esistono in diverse “versioni”, chiamate isotopi, che hanno uguali proprietà chimiche e differiscono solo per il numero di neutroni nel nucleo: ad esempio, il carbonio 13 è una “versione” più pesante del carbonio 12, che è l’isotopo più comune del carbonio. Sulla Terra, gli esseri viventi nel loro metabolismo fissano principalmente il carbonio 12, perché è la versione più “reattiva”, motivo per il quale negli aminoacidi terrestri si trova più carbonio 12 che carbonio 13, a differenza di quello che avviene nelle reazioni chimiche sugli asteroidi. In termini di quantità di carbonio 13 gli aminoacidi “lunari” sono molto più simili a quelli terrestri che a quelli degli asteroidi. Ciò permette anche di scartare  l’ipotesi del vento solare, perché questo contiene quantità molto inferiori di carbonio 13 rispetto a quello misurato sui campioni. Inoltre, l’abbondanza di aminoacidi nel campione prelevato sotto il modulo dell’Apollo 17 è perfettamente compatibile con quella di un campione prelevato a 6,5 chilometri dal modulo, il che permette di scagionare il combustibile dei razzi: infatti, se il combustibile fosse stato il responsabile della contaminazione, ci si aspetterebbe di trovare più aminoacidi nel campione preso sotto il modulo che in quello lontano da esso.

Infine, le moderne tecniche di misura hanno consentito agli scienziati della NASA di determinare anche la stereochimica delle molecole. Lo stesso aminoacido può infatti essere di due tipi, che sono uno l’immagine speculare dell’altro, proprio come le nostre mani, e vengono chiamati L, levogiro, e D, destrogiro. Gli aminoacidi presenti nelle proteine degli esseri viventi sulla Terra appartengono prevalentemente alla serie L, mentre le due versioni sono prodotte di solito in quantità uguali in reazioni abiotiche. Nei campioni è stata misurata una preponderanza di aminoacidi L rispetto ai D, a conferma della loro origine biologica terrestre. Tuttavia, lo studio non ha escluso completamente un contributo, anche se piccolo, da parte degli asteroidi, in quanto sono stati trovati alcuni aminoacidi molto rari negli esseri viventi di origine terrestre ma comuni invece sui meteoriti, come l’acido Alfa-aminoisobutirrico.

Questa ricerca ha implicazioni molto importanti per le future missioni che si propongono di rilevare tracce di molecole organiche di origine “aliena”, perché una contaminazione accidentale da materiale terrestre potrebbe impedire di misurarle. La NASA sicuramente farà tesoro di questa scoperta per individuare nuove tecniche di controllo della contaminazione, in particolare in vista della missione OSIRIS-Rex, che verrà lanciata nel 2016 con l’obiettivo riportare sulla Terra campioni dell’asteroide Bennu nel 2023.

 

Bibliografia e letture consigliate:

https://www.nasa.gov/feature/goddard/new-nasa-study-reveals-origin-of-organic-matter-in-apollo-lunar-samples/

Lezioni di chimica biologica, di D. Cavallini e A. Rossi Fanelli, Università degli Studi di Roma, 1968

Astrobiologia: Le Frontiere Della Vita, di Galletta Giuseppe e Sergi Valentina, Hoepli, 2005

Immagine di copertina della NASA.