Il mese di febbraio è, se possibile, ancora meno ricco di gennaio, per l’emisfero settentrionale. Siamo nel pieno dell’inverno e la stragrande maggioranza delle piante pluriennali è nella fase dello “stop vegetativo”, una sorta di letargo in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo per non soffrire le gelate, mentre per le piante annuali bisogna aspettare ancora qualche settimana per veder germogliare i semi.

 

Tra le verdure, continuano a farla da padrone le varie tipologie di cavoli. Se il cavolfiore inizia a sparire, sono invece nel periodo migliore i cavoli neri e i cavoli verza, protagonisti nelle cucine toscana e lombarda, ma presenti un po’ ovunque. Ancora si possono trovare cicoria e indivia, oltre ai radicchi più tardivi. Possono essere consumati in insalata o in semplici preparazioni con altri cibi che ne attenuino la forte componente amara. Nel sud Italia è molto comune l’uso di preparare una vellutata di fave secche e patate da abbinare alla cicoria bollita (o ad altre erbe amare invernali), condita con olio e peperoncino. È un piatto di origine contadina e molto semplice, ma valorizza questi ingredienti molto poveri e mette d’accordo quasi tutti, essendo vegan, confacente (a patto di non eccedere con le patate) ai dettami della dieta macrobiotica, gluten free e, almeno a mio modesto parere, anche molto buona. Infine, dalla seconda metà di febbraio inizieremo ad avere sui mercati i carciofi, uno dei più precoci germogli della primavera. Sia che abbiano o meno le spine, i carciofi sono molto versatili, potendo essere consumati crudi e cotti in molti modi.

 

Carciofi di Albenga (spinosissimi, foto di Wikipedia).

Carciofi di Albenga (spinosissimi, foto di Wikipedia).

Per quello che riguarda la frutta, in questo mese rimane preponderante la presenza di agrumi tra la frutta di stagione: iniziano a finire i pompelmi, mentre molte varietà di arance e di mandarini sono ancora in piena fase di maturazione. Anche i kiwi vanno ad esaurirsi e per questo la disponibilità di frutta di stagione è davvero scarsa: per questo, da secoli, l’uomo si è ingegnato a trovare il modo di conservare della frutta per il periodo invernale. Molte tecniche sono nate ben prima che si scoprisse, dal punto di vista scientifico, perché funzionavano. In particolare, per la conservazione della frutta, è molto diffuso l’essiccamento. La presenza di acqua consente ai microorganismi di proliferare rovinando frutta e verdura: è quindi sufficiente che la quantità di acqua scenda sotto il 30-35% in peso della frutta. Questa tecnica, come dicevamo, è molto antica e ai frutti che tradizionalmente venivano essiccati al sole (prugne, datteri, fichi), oggi vediamo affiancati un sacco di altre cose, albicocche, pesche, ananas… non sempre essiccati con tecniche tradizionali, bisogna dire.

 

Varietà di frutti disidratati, datteri, albicocche, prugne... (foto di Wikipedia)

Varietà di frutti disidratati, datteri, albicocche, prugne, frutti a seme vari…

Dal punto di vista nutrizionale, sia consumare frutta essiccata o frutta “non di stagione” (importata da paesi molto lontani o da noi con una forzatura) ha pregi e difetti. La frutta essiccata ha perso parte delle sue caratteristiche, molte delle sue vitamine, ad esempio, si deteriorano: se per i fichi freschi si ha una percentuale d’acqua dell’80% e 2mg per 100g di vitamina C, per i fichi secchi la percentuale di acqua scende sotto il 30% e, invece di trovare oltre 7mg di vitamina C per 100g, come verrebbe fuori dalla proporzione matematica, ne troviamo circa 1. D’altra parte, fuori stagione la frutta viene raccolta molto acerbae deve fare un lungo viaggio prima di arrivare al consumatore, oppure è coltivata con forzature (irrigazioni, concimazioni, riscaldamento…) in condizioni climatiche non ottimali. Per quanto possa risultare simile all’aspetto alla frutta di stagione, quindi, quella fuori stagione non sarà maturata correttamente al 100% e per questo non potrà avere tutti i nutritivi giusti al posto giusto. Complessivamente, in questi mesi pienamente invernali, l’apporto di frutta essiccata può essere un interessante modo di ampliare l’offerta sulle nostre tavole mantenendo una certa attenzione alla qualità: proprio nelle recenti festività natalizie molti cuochi stellati l’hanno proposta nei loro ristoranti, togliendole quell’aria da “alzatina del soggiorno della nonna” che molti di noi le associano immediatamente.

 

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