Siamo arrivati a novembre, le giornate sono ormai molto corte e l’autunno si appresta a lasciare spazio all’inverno. Spesso tendiamo ad associare a questo periodo dell’anno una diminuzione della varietà di frutta e verdura che possiamo consumare, e, in effetti, la ricchezza dei mesi centrali dell’anno andrà a ridursi, ma non dobbiamo per questo pensare che sia impossibile continuare a mangiare frutta e verdura di stagione.

La stagione dell’uva continua, grazie alle varietà a maturazione tardiva che sono state selezionate negli anni: Italia e Red Globe, ad esempio, ci accompagneranno fino a Natale. È invece nella sua fase centrale la stagione di mele e pere. La raccolta è stata effettuata a ottobre, ma l’ottima conservabilità di questi frutti ci consente di consumarne per tutto l’autunno e l’inverno. Le varietà di mela autunnali più diffuse sono, ad esempio, Red e Golden Delicious, Granny Smith, Annurca e Renetta, mentre per le pere citiamo Kaiser, Abate e William, non perché siano le uniche, ma sicuramente le più consumate.

Simili per certi versi alle mele sono le nespole, anch’esse frutti di piante della sottofamiglia Maloideae delle Rosacee, come appunto mele e pere. Le nespole (“da inverno”, da non confondersi con quelle “del Giappone”) sono caratterizzate da una maturazione molto tardiva e dalla necessità, dopo la raccolta, di passare un periodo di svariati giorni a riposo, prima di essere consumate. Di fatto, appena raccolte sono quasi immangiabili, mentre dopo questa attesa perdono il sapore aspro ed astringente e diventano morbide e dolci. Da questo deriva il proverbio “con il tempo e con la paglia maturano le nespole”, ma anche il fatto che siano considerate poco idonee al commercio, per cui non compaiono facilmente nei nostri negozi.

Con novembre inizia anche la stagione dei kiwi, di cui abbiamo parlato già a gennaio. Nel nostro emisfero, questa è la stagione della maturazione ottimale. Essendo ricchi di vitamina C e maturando prima della maggior parte degli agrumi, sono un ottimo alimento, in vista dei primi freddi… che quest’anno si fanno un po’ attendere, ma arriveranno come tutti gli anni.

Anche se non è facile metterle né tra la frutta né tra le verdure, in questo mese non possiamo non citare le castagne. Oggi sono state un po’ ridimensionate, nel loro ruolo sulle nostre tavole, ma per molti dei nostri avi sono state un’importante fonte di nutrimento per i mesi invernali. Già Plinio il Vecchio parlava delle caldarroste e, per tutti i secoli a venire, sia fresche, che essiccate, che ridotte in farina sono state alla base di innumerevoli piatti, soprattutto per i popoli appenninici. A differenza della stragrande maggioranza della frutta, la castagna, anche fresca è molto povera d’acqua, per cui è molto nutriente e ricca di zuccheri, proteine, vitamine e sali minerali. La conservabilità previa essiccamento, poi, ne ha decretato il successo nei secoli passati: oggi è ancora possibile consumare un gran numero di piatti a base di castagne, dai primi, come le trofie liguri, ai contorni, in abbinamento alla cacciagione o al maiale, ai dolci, dal castagnaccio, ai marron glacé, al Monte Bianco. L’unica piccola controindicazione è che non è un frutto del tutto indicato nelle diete dimagranti…

Per quello che riguarda la verdura, chiudiamo definitivamente il capitolo estivo ed entriamo in quello autunnale. Continueremo a consumare patate, patate dolci, carote e zucche, che si conservano facilmente e a lungo, anche senza essiccamento, e inizieremo a trovare sui mercati le prime varietà di cavolo. A questi possiamo aggiungere tutti i legumi secchi, fagioli, lenticchie, ceci… che abbiamo raccolto in tarda estate e messo da parte per l’inverno. Come è noto, questi sono molto ricchi di proteine e rappresentano un alimento molto importante per mantenere un consumo di carne contenuto senza sbilanciare la nostra dieta. Per le insalate, potremo utilizzare le lattughe più tardive o il radicchio, mentre introdurremo gli spinaci per un contorno caldo.

(immagine da Flickr)

(immagine da Flickr)

Sugli spinaci c’è una storia di lunga data legata alla quantità di ferro che contengono. A quanto pare, intorno al 1890, un gruppo di scienziati tedeschi misurò la quantità di ferro contenuto in questa pianta, ottenendo un risultato compatibile con quello che consideriamo corretto oggi, pari a circa 3mg per 100g di prodotto, ma pubblicò un risultato con un errore, 34mg invece che 3,4. Da allora si è diffusa la credenza che gli spinaci fossero ricchissimi di ferro, fino a influenzare il mondo dei fumetti con Braccio di Ferro… almeno fino agli anni Trenta del XX Secolo, quando il risultato fu corretto. La reazione della gente fu eccessiva, e si sparse la credenza che gli spinaci fossero particolarmente poveri di ferro, cosa che, in effetti non è: tra le verdure sono decisamente ricchi di questo elemento; tuttavia, per esempio, la carne è decisamente più ricca. Inoltre, il ferro contenuto nella carne è più facile da assorbire, per l’organismo, di quello contenuto nei vegetali.

 

Gli altri mesi: